Trebbiatrice

Questa macchina veniva utilizzata per separare i semi dei cereali coltivati in zona, dalla pula, che rappresenta l’involucro che lo contiene, e dalla paglia.

I cereali che venivano coltivati in zona erano:

grano tenero e grano duro, orzo e avena, utilizzati sia per l’alimentazione umana che per quella del bestiame che rappresentava la principale fonte di reddito degli agricoltori e allevatori di zona.

In sostanza, ogni agricoltore allevava sempre per reddito o per proprio consumo, suini, avicoli, conigli, bovini e ovini, che rappresentavano insieme ai legumi, l’apporto proteico principale.

Il funzionamento della macchina avveniva facendo pervenire la forza rotativa di un trattore esterno attraverso una cinghia a fascia che grazie al suo movimento faceva muovere altre cinghie che cernevano la pula dal seme, dietro la trebbiatrice veniva agganciata una macchina che compattava la paglia in parallelepipedi facili da trasportare essendo legati con degli spaghi.

Finita la lavorazione, il grano veniva raccolto dentro dei sacchi di iuta che non venivano subito chiusi perché il grano doveva raggiungere la temperatura ambiente per evitare che il riscaldamento del grano producesse parassiti che lo danneggiavano. Lo stesso procedimento avveniva per l’orzo e l’avena.

Una volta raffreddati i cereali (grano, orzo e avena) venivano depositati in botti vecchie non più utilizzate per la conservazione del vino o in cassoni realizzati in legno appositamente usati per la conservazione dei cereali.

La trebbiatura non avveniva sul luogo dov’era seminato il cereale, ma in zone facilmente raggiungibili da tutti e quindi lungo strade principali poiché il trasporto avveniva con carri trainati da buoi.

Questi luoghi ancora oggi vengono ricordati come punti di riferimento a volte registrati come toponomi e presenti nella memoria storica dei paesi e di chi svolgeva questo mestiere.

In queste occasioni si svolgevano raduni familiari e rionali nei quali si coglieva l’occasione per festeggiare e preparare pietanze che nel tempo sono diventate tipiche come gli ziti alla “trebbia”, dove gli ziti che provenivano dalla tradizione artigianale campana, arrivavano in tutti i paesi della Basilicata e venduti a chili e senza essere confezionati.

Le donne spezzavano a mano gli ziti e li condivano con il sugo alla “trebbia” fatto di salsa di pomodoro con pezzi di maiale, vitello e agnello.

Il periodo di svolgimento della trebbiatura avveniva tra agosto e settembre poiché bisognava prima realizzare i fasci di cereali e successivamente radunarli nelle zone di lavorazione.

Chi possedeva la trebbia svolgeva un lavoro itinerante che iniziava nelle zone confinanti con la Puglia e proseguiva nell’entroterra lucano, fino alle zone di montagna dove la maturazione avveniva più tardi. 

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